Cosa fare quando la banca non concede un prestito: l’Arbitro Bancario Finanziario o ABF

Sos la Banca non vi concede un prestito finanziario? Ecco come dovete comportarvi per risolvere l’eventuale controversie con l’istituto di credito: è possibile rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario o ABF, organo competente in materia di risoluzione contezioso stragiudiziale che opera in Italia dal 2009. Nel 2009 la Banca d’Italia ha istituito l’Arbitro Bancario Finanziario in attuazione dell’art. 128-bis del D.lgs. 385/1993 (TUB), il quale ha previsto che nel settore bancario e finanziario operino sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie quali strumenti di tutela alternativi rispetto alla giustizia ordinaria. L’Arbitro Bancario Finanziario è l’organo deputato a decidere in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie concernenti i prodotti finanziari. L’accesso all’Arbitro è del tutto gratuito per l’investitore e sono previsti termini ridotti per giungere a una decisione (90 giorni dal completamento del fascicolo). L’ABF è un organismo collegiale, a cui possono essere sottoposte le controversie relative alla violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza cui sono tenuti gli intermediari nei loro rapporti con i consumatori del credito, possono essere presentate anche controversie che riguardano i gestori dei portali di equity crowdfunding ed i contenziosi concernenti i mutui e le altre forme di finanziamento.

Arbitro Bancario Finanziario: oggetto della controversia

Il fenomeno principale dell’oggetto di controversia è rappresentato dalla crescita dei contenzioni stragiudiziali  sulla cessione del quinto che costituiscono più della metà dei ricorsi. Escludendo quelli relativi alla cessione del quinto, i ricorsi, negli ultimi anni, sono diminuiti in tutte le principali materie, ad eccezione di quelli attinenti ad “altri finanziamenti”, ai sistemi privati di informazione creditizia (SIC) e agli assegni. L’ammontare e la dinamica dei ricorsi dipendono da molti fattori, tra cui ovviamente la diffusione e le caratteristiche degli strumenti di pagamento oppure le diverse forme di risparmio o di finanziamento. Indicazioni sulla diffusione dei prodotti bancari e finanziari sono desumibili dai dati delle segnalazioni di vigilanza e dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF). Rapportando il numero di ricorsi relativi alla tipologia di prodotto a una stima del numero di rapporti in essere in quella specifica materia emerge come, tra i principali oggetti della controversia, i finanziamenti – in particolare quelli relativi al credito al consumo – siano caratterizzati dal maggior livello di litigiosità.

ABF: ricorsi in materia di finanziamenti e mutui

I ricorsi relativi ai mutui e alle altre tipologie di finanziamento hanno rappresentato nell’anno 2015 circa il 9 per cento delle controversie affluite all’ABF. L’Arbitro ha ribadito che non può rinvenirsi nel nostro ordinamento un obbligo di erogazione del credito in capo agli intermediari: nell’attività di concessione del credito la banca esplica la propria autonomia imprenditoriale. Tale considerazione non esclude che, in determinate ipotesi, il mancato accoglimento della richiesta di credito possa essere fonte di responsabilità per la banca: ciò avviene qualora quest’ultima non impronti le proprie relazioni d’affari a criteri di buona fede e correttezza ai sensi degli artt. 1337 e 1375 c.c. e alle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari.

Allo stesso modo, al di fuori dei casi previsti dalla legge, non sussiste un generale obbligo di rinegoziazione dei contratti di finanziamento: la possibilità di rivedere le condizioni contrattuali pattuite rientra nell’autonomia delle parti e richiede il consenso di entrambe. Nel caso di specie il ricorrente aveva chiesto una dilazione di pagamento a causa di sopravvenute difficoltà economiche: il Collegio ha ritenuto di non poter accogliere il ricorso. L’Arbitro ha riconosciuto la natura vessatoria (e la conseguente nullità) della clausola contrattuale intesa a vincolare il trattamento di fine rapporto (TFR) a garanzia del finanziamento, imponendo al cliente l’impegno a non richiedere anticipazioni sul trattamento di fine rapporto fino al completo rimborso del credito. La previsione di una garanzia sul TFR può essere consentita, ad avviso del Collegio, purché non estesa all’intero ammontare del TFR stesso ma corrispondente a un importo pari al solo debito residuo