Anche i conti correnti cointestati sotto la lente del fisco

Tra le misure più potenziate dall’Agenzia delle Entrate sono quelle volte ad incrementare sempre di più controlli stringenti volti a combattere l’evasione fiscale e l’elusione. Tra le varie mosse del Fisco, rilevante è quella di controllare i conti correnti e garantire la trasparenza dei movimenti; in particolare, si dovrà dire basta, per il futuro, a conti correnti con segreti e niente più furbetti del Fisco. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione: anche i conti correnti cointestati finiscono sotto la morsa del Fisco italiano affinché le nuove politiche finanziarie varate dal Governo vadano verso la direzione volta a combattere l’evasione fiscale, fenomeno dilagante e piaga del sistema italiano. Secondo le best practices e guidelines dell’Agenda del Fisco italiano una sana e corretta gestione dei conti correnti è fondamentale per le famiglie, selezionare la giusta forma di deposito consente di risparmiare cifre importanti e di svolgere operazioni con maggior efficienza. In molti, utilizzano sempre più la rete e pongono i conti correnti a confronto per individuare le soluzioni più adatte alle esigenze familiari, optando per il conto cointestato, in particolare, nelle famiglie monoreddito.

Lotta all’evasione fiscale: sotto la lente finiscono i conti correnti cointestati

La sovrabbondanza e l’offerta commerciale variegata dei prodotti creditizi nel settore bancario spinge le famiglie a prestare un’attenzione particolare alla questione relativa all’opzione del conto corrente ideale. Tutte le operazioni che hanno a che fare con il bilancio dei consumatori passano, direttamente o indirettamente, dai conti correnti, i quali rappresentano anche uno strumento finanziario di rilevanza estrema per indagare la storia creditizia dei contribuenti e, di conseguenza, per individuare eventuali incoerenze, campanelli d’allarme di una possibile frode fiscale perpetrata ai danni delle casse dello Stato e dei cittadini. L’introduzione del 730 precompilato ha decretato un maggior accesso alle informazioni creditizie degli italiani e la stessa Agenzia delle Entrate ha chiesto un “alleggerimento” della tutela del diritto sulla privacy in favore di un maggior controllo sui dati sensibili, in particolare sui dati di carattere economico-patrimoniale.

Secondo quanto sancito dalla pronuncia della sentenza n.9362 dell’8 maggio del 2015 da parte della Corte di Cassazione, in materia di tributi, accertamento ed indagini fiscali, anche i conti correnti cointestati, ad esempio quelli sottoscritti da due coniugi o da genitore e figlio, possono essere analizzati attentamente dall’Agenzia delle Entrate. Il Fisco, nell’espletamento delle proprie mansioni di attento controllore, ha la piena facoltà di indagare su conti cointestati anche in assenza di prove, per verificare l’eventuale presenza di redditi imponibili maggiori a quelli dichiarati e, eventualmente, richiedere all’intestatario di giustificarne la derivazione. La stessa sentenza chiarisce che non sarà prevista alcuna limitazione agli accertamenti su soggetti indagati dall’Agenzia delle Entrate, così come pronunciato: “In tema di accertamento dell’imposta sui redditi, l’art. 51, comma secondo, numero 7, del DPR n.633/1972 non prevede alcuna limitazione all’attività di indagine volta al contrasto dell’evasione fiscale e non circoscrive l’analisi ai soli conti correnti bancari e postali o ai libretti di deposito intestati esclusivamente al soggetto sottoposto a verifica, in quanto l’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità allo stesso soggetto delle somme movimentate sui conti cointestati con il coniuge del contribuente o i suoi familiari, ben possono essere giustificati da alcuni elementi sintomatici come il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa o professionale compatibile con la produzione di utili, incombendo in ogni caso sul contribuente la prova che le somme rinvenute sui conti cointestati con i suoi familiari siano in tutto o in parte ad essi riferibili” (cfr. Cass. n. 26173/2011, n.21420/2012).

Inoltre, come anche di recente confermato da questa Corte in merito all’onere della prova gravante sul contribuente “In tema di IVA, ed al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n. 633/1972 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro, nella specie bancarie, risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale.” (Cass. sent. n. 21303/2013).