La conseguenze fiscali della riforma del Catasto: batosta ai contribuenti

Ecco in arrivo la Riforma sul Catasto prevista per il prossimo biennio e, subito si pensa alle conseguenze fiscali che essa comporterà e graverà sulle tasche dei contribuenti e delle famiglie italiane, già oberate e “strozzate” dalla pressione fiscale e dal gettito tributario. Il rischio potenziale di un incremento senza precedenti delle imposte e dei tributi, sebbene l’auspicato monito e promesse del Governo Renzi nel ridurle, non sia privo di fondamenta. Si teme una Riforma che ha come portata il riallineamento del valore catastale delle abitazioni degli italiani al reale prezzo di mercato (fair value). Si viene così a sollevare e discutere del problema della revisione dei valori delle mappe catastali, alla luce del gap esistente con il pricing reale degli immobili sul mercato italiano. Che vi fossero situazioni di disequità nella tassazione sugli immobili, derivante dal disallineamento delle rendite catastali con il fair value, era una situazione palese a tutti e pure Bruxelles era al corrente che venisse revisionata. In effetti, sebbene il Governo fosse pienamente cosciente di questo divario, ha sempre rimandato la questione del valore delle rendite catastali sui beni immobiliari, in attesa dell’eliminazione della Tasi e dell’Imu agricola, misure attuate con la legge di Stabilità per il 2016.

Riforma sul Catasto: tra problemi e novità

Che le abitazioni di periferia scontassero un prelievo fiscale di gran lunga oneroso e maggiore (valutate fino a quattro volte di più) rispetto a quelle situate nel centro storico non era del tutto sconosciuto e palese a tutta la popolazione italiana. Ma ora, con il nuovo dettato legislativo che entrerà in vigore nel prossimo venturo biennio, il rischio è quello di aggravare terribilmente l’assai già compromessa situazione economica e di complicare il quadro ed il mercato del patrimonio immobiliare italiano: tutto ciò perché il Governo di Matteo Renzi ha deciso di avviare la riforma sul catasto, con la revisione di tutte le rendite degli immobili. Ovviamente il rialzo delle rendite catastali compenserà ed apporterà maggiori introiti ed entrate nelle casse della finanza pubblica, sebbene l’eliminazione della Tasi sulle prime abitazioni e dell’Imu agricola con la legge di Stabilità 2016. Quando la riforma entrerà a pieno regime nel 2018, inevitabile sarà un insostenibile aumento del prelievo e pressione fiscale: un innalzamento delle rendite catastali (prodotto tra aliquota e base imponibile) sugli immobili ha come conseguenza quello di fare incrementare la base imponibile. In realtà, secondo attendibili studi di settore e consigli di esperti in materia, la riforma del catasto doveva essere pensata prima di attuare quella sulle imposte sulla prima casa ad uso abitativo, in modo tale da determinare e scandire ad hoc le regole su TASI e IMU.

Per evitare questo eccessivo gravame di costi e tasse il dettato legislativo aveva previsto la famosa “clausola di salvaguardia” volta a tenere invariato il gettito fiscale ad operazioni terminate. E’ chiaro che, per rimanere all’interno del range delle aliquote dei pregressi anni fiscali, è necessario che all’incremento della base imponibile, si riduca l’aliquota. Inevitabile il caos che potrebbe insorgere, per non pensare poi ai nostri Enti locali sempre più alla ricerca di fonti d’entrata propria, contrari ed avversi alla riduzione delle aliquote. La maggioranza degli Enti locali, in particolare, i Comuni hanno fissato nei propri regolamenti comunali la TASI e l’IMU ai massimi livelli della tassazione prevista dalla legge e, certo, sarà impossibile retrocedere nelle scelte fatte.

La diminuzione delle imposte dovrà essere customizzata a seconda della singola zona territoriale, e ciò perché l’aumento dei valori catastali degli immobili non sarà uguale su tutto il territorio nazionale, ma diversificata a seconda dell’area locale. La conseguenza sarebbe quello di trovarsi con aliquote Irpef diverse da Comune a Comune, con le imposte di registro catastale differenti da zona a zona con disparità per i contribuenti italiani stessi: ecco perché la garantita invarianza del gettito non potrà mai essere realtà.