Prestiti INPS e pensione anticipata: novità dal 2017

E’ realtà, con la Legge di stabilità 2017 il Governo è intervenuto nuovamente nel mettere la mano sull’intervento previdenziale che prende il nome di APE, o acronimo di Anticipo Pensionistico, che dal prossimo anno 2017 interessa milioni di lavoratori compresi quelli del pubblico impiego, divisi in tre maxi categorie:

  • disoccupati ed impiegati in lavori usuranti e lavoro notturno,
  • lavoratori interessati in piani di ristrutturazione aziendale,
  • uscite volontarie.

Per queste categorie di dipendenti si potrà andare in pensione con un massimo di tre anni in anticipo, accendendo un “mutuo” da restituire in un massimo di 20 anni. Iniziativa questa che ha un contorno sociale di agevolazione per quelle categorie di lavoratori deboli economicamente, i dettagli del dettato riformistico emergono dall’incontro delle parti politiche con i sindacati.

Proprio dal 1 maggio 2017 l’APE sarà realtà e non più una proposta ideata per chi versa effettivamente in condizioni di bisogno: i disoccupati, i disabili, le categorie di dipendenti che sono impiegati in attività professionali faticose (maestre, operai edili, infermieri, i macchinisti e gli autisti di mezzi pesanti). Tra i requisiti economici per poter accedere all’APE sono richiesti un reddito lordo inferiore ai 1.350 euro e almeno 30 anni di contributi se soggetti in stato di disoccupazione, 35 anni se si è lavoratori attivi, 36 anni se si è lavoratori che esercitano lavori pesanti e gravosi. Potranno andare in pensione anticipata coloro con 41 anni di contributi ovvero i lavoratori precoci che non hanno ancora 63 anni ma che hanno 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni se disoccupati o che fanno parte delle categorie previste per l’Ape.

Anticipo pensionistico: obiettivo del Governo

Il pensionamento anticipato con un massimo di tre anni è possibile, grazie ad un prestito garantito dalle banche e garantito dall’INPS, da rimborsare in rate mensili per 20 anni. In realtà, la durata del mutuo può variare in base all’entità del prestito percepito: 20 anni è il tempo massimo previsto. Il dipendente deve accollarsi la parte della quota capitale restituendola a rate, mentre lo Stato deve coprire la quota relativa agli interessi. Il Governo ipotizza che la rata rimborsata decurta al massimo il 15% dell’importo della pensione: nella legge di stabilità 2017 il governo ha stanziato per il capitolo pensioni all’incirca 1,5- 1,6 miliardi di euro, 6 miliardi in tre anni.

A favore delle fasce di reddito più disagiate è prevista una detrazione fiscale per attenuare il peso della rata fino ad azzerarla per i soggetti disoccupati e per le persone che versano in gravissime condizioni economiche. A carico del soggetto beneficiario le coperture assicurative copriranno il rischio di premorienza prima della scadenza del prestito.

APE: vantaggi per lo Stato e … per i lavoratori?

L’APE costituisce un vero business per lo Stato italiano: la riforma della Fornero resterebbe intatta e l’onere dell’intervento per le finanze pubbliche costerebbe 700 milioni di euro all’anno. Il loop finanziario coinvolgerebbe gli istituti di credito, le assicurazioni e le famiglie italiane, con l’intervento dell’INPS con costi ridotti rispetto ad altre casistiche flessibili di uscita dal mondo del lavoro.

E per i lavoratori conviene? L’anticipo pensionistico potrebbe di fatto essere conveniente e la soluzione ideale solo per chi ha un reddito basso o per chi perde il posto di lavoro in età avanzata ma non è ancora pensionabile. Proprio per questi ultimi che negli ultimi tempi sono incrementati tale ammortizzatore sociale è forse l’unica via d’uscita. Lo Stato italiano deve farsi carico del rimborso totale della rate del prestito, venendo a trasformare il prestito in un vero e proprio ammortizzatore, una sorta di “ponte” verso il mondo della pensione e l’uscita “soft” dal mondo del lavoro.