All’interno di quel mare immenso che sono stati i discorsi riguardo la crisi economica, spesso avrete sentito un termine che si ripeteva qui e là, come un frammento di realtà trattato in modo superficiale. I mutui subprime, questa la loro definizione anglosassone, sono il più grande paradosso della crisi del 2007: nonostante la loro importanza fondamentale negli eventi, essi sono stati trascurati completamente. Pochissimi tra giornalisti e opinionisti si sono degnati di spiegarne la natura e le dinamiche al pubblico.
Eppure, è proprio a causa di quei mutui subprime (e, più in generale, di tutto il sistema finanziario ormai al collasso che sorgeva alle loro spalle) che una grande quantità di persone ha subito privazioni, ha perso il lavoro o si è ritrovata in una situazione di forte incertezza.
Oggi è fondamentale conoscere almeno a grandi linee il funzionamento dei meccanismi riguardanti i prestiti e gli investimenti: per restare aggiornati, per comprendere gli avvenimenti di politica ed economia, per imparare a riflettere e, infine, per non cadere nelle trappole tese dai soggetti in mala fede.
Ecco quindi un breve articolo che vi illustrerà il mondo dei mutui subprime: di che cosa si tratta, come sono nati e qual è stato il loro ruolo nello scoppio dell’economia mondiale. Da ultimo, cercheremo di capire anche cosa si è fatto per evitare che gli eventi si ripetano (ben poco, visto che l’ultimo guaio del genere è storia recente).
Il mutuo, un comune strumento finanziario
Sappiamo tutti, a grandi linee, che cos’è un mutuo. Abbiamo bisogno di un bene o un servizio (generalmente una casa, ma può essere qualsiasi altra cosa molto costosa che non possiamo permetterci nell’immediato con le nostre forze) e per ottenerlo chiediamo un prestito alla banca o a un altro istituto. La banca ce lo accorda ben volentieri, perché sa che noi restituiremo tutto quel denaro nel corso del tempo, a rate, e pagandoci sopra anche un po’ di interessi. Il sistema è semplice e ci guadagnano tutti: la banca fa fruttare i soldi dei suoi risparmiatori ottenendo un profitto e noi abbiamo la nostra casa. Certo, pagata un po’ più salata del normale, ma va bene così. Si tratta di un sistema che di norma non dà problemi, soprattutto se la banca concede i prestiti soltanto a chi ha delle garanzie solide ed è matematicamente certa di non perdere il denaro dei suoi depositi.
Quando un mutuo diventa subprime
Cosa vuol dire, di preciso, subprime? La parola è uno slang del linguaggio finanziario anglosassone e sta ad indicare un asset, un bene economico o finanziario, che non è “prime”, ovvero di fascia alta e sicuro, ma soltanto “subprime”, al di sotto di una certa soglia di affidabilità. Quando la restituzione di un mutuo (mortgage, in inglese) diventa meno probabile (ad esempio quando il contraente perde il lavoro), esso diventa subprime e cioè estremamente rischioso per entrambe le parti.
Generalmente però il mutuo è subprime già all’inizio, quando viene stipulato. Se la banca non prende le dovute precauzioni, controllando l’affidabilità del pagatore, può mettere sé stessa al centro di un pericoloso meccanismo autodistruttivo.
Che cosa accade quando il mutuo sfuma
A questo punto è necessario capire nello specifico cosa accade quando un mutuo va in “default”, ossia quando il suo contraente non può più onorare il debito. In caso di insolubilità, la banca ottiene il possesso della casa e la aggiunge ai suoi asset; in linea teorica, quindi, non ha perso il denaro (dei suoi clienti) investito per il mutuo. La casa può sempre essere piazzata sul mercato, anche se non immediatamente.
C’è tuttavia uno scenario che molti non hanno mai considerato. Se la casa perdesse il suo valore, come farebbe la banca a tornare in possesso della sua liquidità?
Di norma questo non è un problema: la banca rivende la casa sul mercato e tutto si risolve. Ma nel 2007, questa operazione era diventata impossibile, perché il mercato immobiliare era pieno di valutazioni completamente sballate. Ciò è dovuto alla bolla che si è formata intorno ai mutui e al valore delle case. Ma andiamo con ordine.
La bolla del mercato immobiliare
Sui mercati, talvolta, si verificano fenomeni chiamati “bolle”: si tratta di rigonfiamenti di prezzo che riguardano un particolare settore merceologico o azionario, nel quale l’andamento ottimale di un certo mercato e il suo elevato potenziale fanno confluire al suo interno tantissimi investimenti. Il prezzo degli asset così sale oltremodo a causa dell’elevata domanda, ben oltre il valore reale effettivamente proprio di quel mercato; a un certo punto (quando ormai è troppo tardi per evitarlo), la bolla “scoppia” e il valore degli investimenti crolla a picco.
Con il mercato immobiliare è successo proprio questo. Il prezzo delle abitazioni era lievitato in maniera esagerata, ma la gente continuava a stipulare mutui, nonostante tutto. A un certo punto, molte persone non sono riuscite a ripagare il debito e i mutui sono andati in default; le banche hanno così ottenuto, in cambio dei loro soldi, un bene il cui valore è precipitato rapidamente. Costrette a rivendere le case a un prezzo stracciato per riottenere la liquidità, i mutui si sono trasformati in una perdita di denaro molto forte per gli istituti.
In questo modo, un’enorme quantità di risparmi dei contribuenti è andata bruciata. Migliaia di miliardi sono andati persi soltanto con i mutui subprime, anche se la responsabilità diretta delle banche nel fenomeno è stata parziale. Vediamo perché.
Il mercato dei mutui: un cannone di cristallo
Le banche sanno bene a che tipologia di rischi vanno incontro quando operano con i mutui, specialmente con così tanti mutui insieme. Proprio per questo, soprattutto nel mercato statunitense, le banche usano piazzare i mutui stipulati sul mercato: in pratica, vendono mutui agli investitori.
Invece di realizzare completamente il guadagno sugli interessi del mutuo (ad esempio, il 10%), la banca rivende il mutuo a degli investitori (al prezzo del mutuo più il 5%, sempre secondo l’esempio precedente). In questo modo, si riappropria della sua liquidità immediatamente, ottiene un profitto e può investire di nuovo. Altro vantaggio non trascurabile, essa si libera dal rischio di un default: a pagarne l’eventuale prezzo sarà l’investitore.
Si tratta di un sistema ideato negli anni ’70 e che nel corso degli anni ha coinvolto cifre sempre più grosse. Gli investimenti nei mutui erano considerati la cosa più vantaggiosa e sicura che esistesse: “chi non paga il proprio mutuo?”, dicevano gli esperti.
Il problema è che gli investitori portati a investire nel mercato erano spesso piccoli risparmiatori organizzati in hedge funds. Alcuni di loro erano le stesse persone che avevano contratto il mutuo. Acquistando il loro mutuo, diventavano creditori di sé stessi: sta qui il grande paradosso del sistema, che diventa ancor più sbalorditivo se si pensa che, in caso di default, avrebbero perso sia la casa che il loro investimento.
Com’era prevedibile, ciò è accaduto davvero.
Le Collaterized Debt Obligations o CDO
Un nome complicato e che a molti italiani non dice nulla (magari avete più familiarità con il termine “cartolarizzazione”), ma che è stata la scintilla che ha dato il via al crollo del sistema. Le CDO sono dei prodotti finanziari composti da debiti ottenuti con i mutui e gli investitori le acquistano per ottenere da esse un profitto a medio o lungo termine.
Il problema è che, nel corso degli anni, i mutui sono diventati un investimento sempre più incerto. Alcuni di essi, soprattutto dal 2000 in poi, hanno cominciato ad essere sempre meno affidabili e il rischio di default si alzava progressivamente. Così, chi “confezionava” le CDO ha pensato di prendere i mutui subprime che si andavano a creare, in numero sempre maggiore, e di inserirli all’interno di ampi pacchi di mutui da rivendere: anche se uno di essi fosse andato in default, sarebbe stato quasi indifferente.
Si trattava, facendo un esempio, di mettere una goccia di veleno in una grande cisterna d’acqua. Nessuno se ne sarebbe accorto: la quantità era, dopotutto, infinitesimale. Ma i mutui subprime sono andati aumentando nel tempo e il meccanismo è rimasto lo stesso: venivano affiancati a mutui più solidi, spezzettati e rivenduti. In sostanza, invece di smettere di buttare veleno nella cisterna, i soggetti alla base del sistema hanno continuato a smaltirlo lì dentro in dosi sempre più massicce, sperando che nessuno si accorgesse di niente.
La scarsa vigilanza degli istituti
E per un bel po’ fu così, incredibile ma vero. Le agenzie di rating e gli istituti di vigilanza, organi preposti a verificare che nel mercato finanziario tutto funzionasse nel migliore dei modi, sembrarono non rendersi conto del veleno che si spargeva nelle falde acquifere. Eppure avevano tutti gli strumenti per farlo. Molti critici, dopo lo scoppio della crisi, accusarono questi soggetti sostenendo che a loro convenisse far finta di niente, vuoi per frenare il panico sui mercati, vuoi per un guadagno illecito proveniente da una serie di accordi stipualti sottobanco.
I mutui, origine della crisi
Quale che sia la verità (negligenza, incompetenza o corruzione), sta di fatto che i mutui subprime fecero collassare il mercato nel 2007; l’evento cardine fu la chiusura degli sportelli in molte filiali di BNP Paribas, a cui seguirono numerosi fallimenti di banche e istituti finanziari come Lehman Brothers, considerati, fino a pochi mesi prima, dei colossi incrollabili. Quel che è successo dopo è cosa risaputa, perché tutti noi l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
I mutui subprime erano (e sono tuttora) delle falle nel sistema, investimenti trattati con negligenza e approssimazione che hanno finito col demolire finanziariamente i loro acquirenti, per la maggior parte ignari e in buona fede.
I mutui subprime nel presente
La queestione dei mutui subprime non è affatto risolta. Ancora oggi sopravvivono degli asset finanziari che contengono al loro interno qualche goccia di veleno (in alcuni casi, ben più di una goccia), nonostante si sia provato a smaltirli con strumenti quali le bad companies, società create appositamente per acquisirli.
Dal punto di vista della regolamentazione si è fatto poco per arginare il fenomeno. Le proposte di legge negli Stati Uniti e in Europa sull’argomento sono state bocciate; la Comunità Europea non ha mai messo a punto delle misure precauzionali e di fatto il mercato può riempirsi di nuovo di cartolarizzazioni dannose in qualsiasi momento.
Probabilmente non siamo lontani da una simile eventualità: fonti autorevoli, come Il Sole 24 Ore, fanno sapere che istituti del calibro di JP Morgan e Morgan Stanley stanno preparando altri CDO sintetici, probabilmente mascherati con un diverso nome. E non è difficile ritrovare anche nel periodo molto recente i danni dei CDO anche in Italia.
Il crack del Monte dei Paschi di Siena è stato infatti da attriburire anche al CDO conosciuto con il nome di Alexandria, che di fatto ha minato alla base la struttura finanziaria del famoso istituto di credito italiano.
Data la situazione precaria della legislazione e le esperienze passate, diventa importante per tutti imparare di più sul funzionamento del sistema finanziario. E soprattutto occorre capire dove piazzare il proprio denaro: qualsiasi strumento privo di garanzia, come i CDO composti da mutui subprime, va evitato nel modo più assoluto, perché non fornisce sicurezza come un titolo di Stato.
Ricordiamoci che molti degli investitori truffati dal sistema erano risparmiatori comuni.