Interessante è la ricerca condotta da Unimpresa su un campione di PMI che ha rilevato come oltre il 60% delle imprese italiane si è trovata a richiedere un prestito aziendale proprio per pagare le tasse, con conseguenze non indifferenti sulla struttura economico-finanziaria e sulla solidità reddituale. Un fenomeno questo sempre più diffuso e che ci permette di fare delle riflessioni sul momento storico ed economico in cui stiamo vivendo: una domanda interna molto stagnante, instabilità dei posti di lavoro, pressione fiscale alle stelle. Uno scenario questo tutt’altro che rosa, nonostante le rassicurazioni del Governo; eppure, le imprese italiane faticano a restare a galla e, per fare fronte ai puntuali pagamenti, c’è necessità di richiedere un prestito per onorare le scadenze. Tra le tasse più opprimenti per le piccolo-medie imprese si annoverano Imu, Tasi ed Irap: ricercare ed ottenere prestiti aziendali per onorare la più stringente pressione fiscale è sempre più difficile, in quanto gli istituti di credito e le società finanziarie sono più restie ad erogare linee di credito a favore delle attività produttive ed economiche.
In effetti, questa situazione, oltre a costituire un problema per il breve periodo, considerando gli effetti nel medio-lungo termine, lo scenario è ancora di più critico: il fatto che i prestiti ottenuti con difficoltà dalle PMI italiane vadano a fronteggiare i costi e gli oneri tributari cui sono oppresse, di certo mina profondamente gli investimenti che possono essere fatti sul patrimonio fisico e, soprattutto su quello immateriale come brand, corporate image, formazione, ricerca e sviluppo, etc. Inevitabile è l’indebolimento della struttura economico-finanziaria con possibilità di creare disequilibri e con depauperamento degli assets aziendali. Per non parlare poi delle esternalità negative che producono sulla collettività, sulla distruzione dei posti di lavoro e sul minore gettito fiscale e sulle minori entrate nelle casse dello Stato. Un vero “cane che si morde la coda” questo, un fatto che dovrebbe essere portato all’attenzione delle istituzioni politiche e pubbliche, che sono sempre più indifferenti alle voci dei cittadini e delle imprese.
Pagare la pressione tributaria con i finanziamenti aziendali: una realtà sempre più concreta
Non si crederebbe mai che siamo arrivati a questo punto: richiedere un prestito per fare fronte alle spese fiscali, eppure è la triste realtà ed i dati statistici pubblicati dal Centro Studi Unimpresa parlano chiaro. Tre aziende italiane su cinque è costretta a richiedere prestiti aziendali non per investire sul futuro e rafforzare il patrimonio aziendale ma, soprattutto per pagare Tasi, Imu ed Irap che sono le tre tasse che “stringono il cappio al collo delle imprese”.
Le PMI italiane hanno grosse difficoltà a fare fronte alle tassazioni degli immobili ( Imu/Ici e Tasi/Tares) e sulle imposte dovute per le attività produttive (Irap). I dati del Centro Studi Unimpresa sui prestiti richiesti dalle imprese italiane per il pagamento delle imposte e tasse, mostrano un impatto rilevante soprattutto nel comparto turistico e sulla manifattura, oltre che sull’artigianato. In effetti, ad un focus più attento anche la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) non è scevra da crisi e dal sostenimento di spese fisse costituite dagli affitti immobili, stipendi al personale, bollette energia elettrica e tasse varie.
Cosa fare se non si riesce ad ottenere un prestito? Beh, laddove gli istituti di credito e le finanziarie siano restie nell’erogare le risorse finanziarie per poter fare fronte alle tasse, l’unica via d’uscita è il porre in stato di liquidazione volontaria l’impresa. Dai dati disponibili e reperibili sui siti e dagli studi svolti dal sistema camerale italiano molti sono stati i fallimenti dichiarati dalle imprese di piccoli commercianti, artigiani, società edili, industrie manifatturiere, specie nel Nord e Centro Italia. Un vero problema questo che si traduce in una mancanza di futuro, di posti di lavoro e di prospettive economiche per l’intero Sistema-Paese.