Il canone concordato, benché non sia propriamente la stessa cosa, è il naturale sostituto dell’equo canone, in vigore in Italia fino a pochi anni fa, che garantiva costi d’affitto contenuti.
Cos’è l’affitto a canone concordato
Il canone concordato è uno degli aspetti più importanti della Legge di Stabilità 2016 emanata dal Governo Renzi. Pur non trattandosi di un’assoluta novità, con questa nuova legge sono stati resi ancor più vantaggiosi i termini di fruizione, agevolando sia gli inquilini che i proprietari. In realtà, è una misura introdotta nel lontano 1998 nel nostro mercato, ma con la Legge di Stabilità è diventata nuovamente di attualità, grazie alla riduzione della cedolare secca, ossia la tassa sugli affitti, che è stata fissata al 10% per tutte le locazioni a canone concordato.
Cercando di definire in maniera semplice l’affitto a canone concordato, si può dire che si tratta di contratto di locazione tradizionale in cui, però, i costi vengono calmierati e prescindono dalle logiche di mercato. In particolare, il canone concordato prevede una durata minima di 3 anni, con automatico rinnovo per i successivi 2, dove gli importi minimi e massimi dei corrispettivi vengono concordati da una contrattazione tenuta tra i sindacati degli inquilini e le diverse associazioni di locatori su base locale. Questo significa che il canone concordato ha differenti caratteristiche in base agli accordi raggiunti dalle contrattazioni nelle singole città, per i prezzi relativi ai diversi quartieri e zone, dove non è da sottovalutare nemmeno l’intervento e la mediazione degli ufficiali comunali.
Come funziona il canone concordato
I parametri che vengono presi in considerazione per stabilire il canone concordato sono diversi.
Per quanto riguarda gli immobili:
- categoria catastale
- stato di manutenzione degli edifici
- pertinenze esclusive
- pertinenze comuni
- servizi
- presenza eventuale dell’arredamento
Per quanto riguarda la zona urbana, invece:
- servizi ai cittadini
- aree verdi
- infrastrutture di supporto e sanitarie
- classificazione urbana
A ognuno di questi parametri è assegnato un valore: questo valore è il coefficiente di calcolo per la determinazione del canone minimo e massimo, che dev’essere moltiplicato con il valore secco dell’immobile al metro quadrato.
E’ evidente, quindi, che partendo da un calcolo di valore oggettivo e concordato, il prezzo risultante per l’affitto di questi immobili è inferiore rispetto al canone d’affitto tradizionale.
I vantaggi dell’affitto a canone concordato
I vantaggi dell’affitto a canone controllato ricadono sia sugli inquilini che sui conduttori.
In particolare, l’inquilino beneficia in prima battuta di un canone inferiore rispetto agli standard medi di mercato e questo comporta già un risparmio non indifferente per l’economia domestica. In secondo luogo, se l’immobile a canone concordato viene indicato come prima abitazione, esiste la possibilità di ottenere maggiori detrazioni IRPEF. In particolare, nel caso in cui il titolare del contratto d’affitto non superi il redditto annuale massimo di 15.493,71 €, ha diritto a una detrazione pari a 495,80. Se, invece, il reddito non supera i 30.987,41 € ha diritto a una detrazione IRPEF di 247,90 €.
I vantaggi non si esauriscono per l’inquilino ma si riflettono anche sul conduttore, che ha diritto ad alcune agevolazioni fiscali. Nello specifico, se il reddito derivante dall’affitto a canone concordato viene esplicitato nella dichiarazione dei redditi, il titolare dell’immobile ha diritto a uno sconto del 30% sulla base imponibile che, di conseguenza, riduce drasticamente la quota IRPEF da versare al momento della chiusura dei conti.
Inoltre, se il conduttore opta per la cedolare secca, quello che viene considerato come il reddito derivante dall’affitto a canone concordato viene tassato con un’aliquota del 10%.
Tirando le somme, si può dire che l’affitto a canone concordato è senza dubbio conveniente. Tuttavia, nel caso in cui l’affitto del mercato libero non eccede di un valore superiore al 25% quello a canone concordato, i vantaggi di quest’ultimo non sono più così netti. In Italia, attualmente, circa il 40% degli affitti sono a canone controllato.