Calcolo Pensione dopo riforma Fornero: metodo retributivo o contributivo?

Sistema retributivo o contributivo? Con la Riforma Fornero si è scatenato in Italia il dibattito su come calcolare le pensioni e su quale sia il sistema pensionistico migliore.

La Riforma Fornero

Sono tante le novità che sono state portate nel sistema pensionistico italiano dalla cosiddetta Riforma Fornero, entrata in vigore nel nostro Paese durante il Governo Monti.

Tra le tante novità che sono state introdotte spicca il definitivo abbandono del sistema pensionistico retributivo in favore del sistema contributivo. Questa novità non è piaciuta al Paese, ma secondo i promotori si è resa necessaria per ridurre la spesa previdenziale italiana, anche a fronte di un’aspettativa di vita che cresce sempre di più.

Le principali caratteristiche del sistema contributivo della riforma Fornero prevedono che un lavoratore potrà lasciare il lavoro per godere della pensione al raggiungimento della soglia minima, a un’età non inferiore a 66 anni a partire dal 2018. La pensione risultante sarà calcolata sulla base degli effettivi contributi versati dal lavoratore durante l’attività lavorativa complessiva.

Il calcolo per le pensioni contributive

Il sistema contributivo, in realtà, è stato introdotto già nel 1995 e basa il calcolo della pensione sul cosiddetto montante contributivo, ossia la somma dei contributi versati durante la vita lavorativa dei singoli.

Questo piccolo tesoretto che è stato accantonato dal lavoratore durante tutti gli anni di lavoro, al momento della pensione diventa una rendita che viene erogata mensilmente, rivalutata in base all’indice Istat ogni 5 anni in relazione alle variazioni del Pil nazionale. Questo valore, poi, viene ulteriormente moltiplicato per il cosiddetto coefficiente di trasformazione, ossia un valore che viene rivalutato ogni tre anni per tenere conto delle variazioni sull’aspettativa di vita e sull’età. Dal 2019, però, questo coefficiente verrà rivalutato ogni 2 anni, anziché ogni 3.

La somma che il lavoratore accantona per ogni anno di lavoro assicurato e in regola viene determinata con diverse aliquote. Per i lavoratori dipendenti, quest’aliquota è del 33%, mentre per i lavoratori autonomi è del 20%.

Il coefficiente di trasformazione, valido ai fini del calcolo della pensione, aumenta all’aumentare dell’età di pensionamento e varia tra il 4,304% minimo e il 6,541% massimo.

Semplificando al massimo il discorso sulle pensioni contributive e retributive, con questo nuovo sistema le pensioni risultanti sono sensibilmente inferiori rispetto al precedente metodo retributivo. Questo significa che i giovani che si stanno affacciando in questi anni al mercato del lavoro sono penalizzati rispetto ai loro padri che, invece, sono prossimi alla pensione e, pertanto, è consigliabile che provvedano a effettuare una pensione integrativa per pensare in maniera concreta fin da subito al loro futuro.

La transizione dal sistema retributivo a quello contributivo

Il sistema contributivo è entrato in vigore il 1 Gennaio 2012: chi già usufruiva della pensione a quella data non è stato toccato dalla riforma e continuerà a prendere la sua spettanza con il metodo retributivo.

Gli altri, invece, sono divisi tra chi riceverà la pensione esclusivamente con il metodo contributivo, ossia tutti quelli che sono entrati a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, quando entrò in vigore la riforma Dini e con le lei pensioni retributive e chi, invece, vedrà la sua futura pensione calcolata sulla base del sistema misto retributivo+contributivo.

Nel dettaglio, chi al 31 dicembre 1995 aveva già maturato almeno 18 anni di esperienza, vedrà la sua pensione calcolata con il metodo retributivo fino al 2011 e con il metodo contributivo per gli anni successivi.
Chi, invece, al 31 dicembre 1995 non aveva ancora maturato 18 anni di lavoro, avrà la sua pensione calcolata con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 1995 e con il metodo contributivo per tutti i restanti anni fino al raggiungimento dell’età pensionabile o dei requisiti minimi.

Le pensioni retributive del nostro Paese, quindi, sono sempre meno e questo è stato lo scopo alla base della riforma Fornero delle pensioni.